La deflagrazione dell’autobomba di ventotto anni fa dinanzi al Municipio di piazza IV Novembre riecheggia ancora oggi il funesto male che l’ha alimentata il quale, col tempo, non è scomparso, ma si è tramutato in molteplici forme di violenza delinquenziale ed economica, ingiustizie sociali e picchi di povertà.
Il 7 maggio 1993, infatti, alle ore 8.03, una ferita profonda fu inferta al cuore di Terlizzi, già pesantemente provata dallo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose il 1° marzo dello stesso anno. Il vigile Gioacchino De Sario, insospettito dalla collocazione di una Fiat Regata parcheggiata in modo strano, aveva tentato di aprile la vettura, causando così l’esplosione. Lo scoppio travolse anche due adolescenti, trasportati poi nel nosocomio in evidente stato di confusione.
Anche per la nostra cittadina gli anni Novanta furono, dunque, molto bui: un biennio prima, il 22 agosto 1991, il maestoso Carro Trionfale eretto in onore di Maria SS. di Sovereto fu dato alle fiamme per ritorsioni, secondo la tesi più accreditata, della criminalità locale. Nel 1996, invece, trovò la morte il giovane Gioacchino Bisceglia a causa di una estorsione sfociata nel sangue.
Più di recente, Terlizzi si è aggiudicata una geografia di rilievo nel traffico di sostanze stupefacenti, come reso noto dalle numerose operazioni condotte dalle forze dell’ordine nei confronti di affiliati dei clan del paese. Per non parlare del ruolo svolto da alcuni esponenti delle cosche paesane nel losco giro di affari scovato lo scorso mese e in cui sono stati coinvolti membri dell’avvocatura e della magistratura. A ciò si aggiungano altre forme di illeciti come lo sversamento dei rifiuti nelle campagne o le azioni di bande giovanili aggressive che infastidiscono i soggetti più vulnerabili e scorrazzano rumorosamente in sella ai loro scooter a velocità elevata.
Un quadro a tinte fosche che cela in sé un pericolo più grande: quello di una normalizzazione strisciante di disagi che stentano a essere completamente eradicati. Si fa sempre più impellente il bisogno di sanare mancanze e ritardi non solo con l’applicazione di misure giuridiche repressive adeguate ma anche a monte con un processo impattante di rieducazione di talune fette della comunità.
Spetta alla parte sana della collettività ribellarsi ai soprusi e alle prevaricazioni, squarciando il velo di omertà, cosicché un’aggregazione di “io” possa trasformarsi in un organismo forte e unito che a viva voce sia in grado di protestare, allontanando i timori di subire minacce e intimidazioni.
La pandemia ha di certo acutizzato molte fragilità preesistenti, incrementando le distanze della forbice sociale, potenziando il controllo delle associazioni criminali, gettando nella disperazione e nella miseria numerose famiglie rimaste senza lavoro.
È compito della società civile farsi carico delle sue stesse debolezze, mantenendo vivido il ricordo di chi è stato sopraffatto a caro prezzo, spentosi per via dei cortocircuiti e delle storture di cui il tessuto cittadino è intriso.
Coadiuvare le istituzioni con responsabilità e impegno significa generare delle reti di prossimità che ben possono interagire nel segno della collaborazione attiva, facendo affidamento su punti di riferimento seri e credibili.
Sulle spalle di ciascuno è posto il peso della costruzione di una via alternativa eticamente valida e lecitamente condivisa, in modo da opporsi al naufragio delle coscienze.
Soltanto rigenerandosi, si scaccia il rischio di degenerare ancora.
Terlizzi, 7 Maggio 2021
Il Presidio di Libera Terlizzi