Il Festival per la Legalità è un quasi un ossimoro. Come un ossimoro è parlare di questi temi d’estate. Quando si preferirebbe sospendere, quasi, di pensare. Eppure le tre serate sono state, senza paradossi, divertenti, riuscendo a combinare cultura e impegno civile, intrattenimento e voglia di partecipazione.
‘Cultura e legalità’, ha detto Pasquale Vitagliano a conclusione dell’evento, ‘sono per lo sviluppo di una città delle vere e proprie infrastrutture, alla pari delle strade, dell’acqua e della luce. Più immateriale ma altrettanto strategiche affinché un agglomerato urbano possa essere qualcosa di più, possa essere una comunità civile’.
Festival per la Legalità. E non della Legalità. Non si è trattato, infatti, di una evocazione celebrativa della tematica, magari (come talvolta purtroppo accade) con una sottintesa auto-elezione. Ma un contest interattivo nel quale partecipare perché ciascuno potesse portarsi via qualcosa: un frammento di orizzonte; un buon esempio; un modello o una semplice riflessione.
Nella prima serata Franco Arminio, scrittore e paesologo ‘ considerato da Roberto Saviano uno dei più grandi poeti italiani ‘ ha parlato del suo libro Terracarne, in una serata dedicata a Terremoti veri e terremoti umani. Sollecitato da due lucidi intervistatori, come Francesco Cagnetta e Marina Santeramo, Arminio ha raccontato come è nata l’idea di fare dello studio e del racconto dei paesi del Sud la dorsale per riscrivere una nuova identità civile, non provinciale, né subalterna alle culture moderniste del Nord.
Lungo questa direttrice si è inserita la presentazione del libro del prof. Nicola Rossi, Sudditi, dalla quale è venuto il suggerimento di cercare Giù al Sud (questo il tema della serata) la chiave per uscire dalla crisi. Secondo l’importante economista ci vuole una ‘rivoluzione’. Ma civile prima e più che sociale. In Italia e nel Meridione, principalmente, stiamo ancora aspettando la nostra rivoluzione francese che da sudditi ci renda definitivamente cittadini, consapevoli dei propri diritti e responsabili di fronte ai propri doveri. E le prime vittime di questa ‘arretratezza’ sono i bambini, come ha efficacemente descritto Edgardo Bisceglia, giudice minorile onorario e responsabile Caritas S.Lucia di Terlizzi.
Quanto sia duro essere cittadini italiani e meridionali lo si è visto nell’ultima serata, quando sono state portate le testimonianze di vittime (‘inconsapevoli’ in questi casi) della criminalità. Emozionante è stata la presenza dei coniugi Marchitelli, genitori di Gaetano, un ragazzo ucciso a Bari-Carbonara, aiutati nel loro racconto da Francesco Minervini, autore del libro sulla triste storia molto simile di un altro ragazzo, Michele Fazio.
Coinvolgente, infine, l’intervento del giudice Francesco Messina, capace di rappresentare con delicatezza ma anche con ricchezza culturale il delicatissimo ruolo di chi deve giudicare, la sua solitudine di fronte alla legge, la sua distanza rispetto alle storie umane, nello sforzo di non perdere la propria umanità.
Le serate sono state piacevoli, sempre affollate malgrado la lunga durata. Allietate anche da momenti piacevolmente culturali, come il concerto di Luna sotto il Carrubo, un reading poetico con Vincenzo Mastropirro, Gianpaolo M. Mastropasqua e Flaminia Cruciani, e il breve monologo Cave canem, dello scrittore Francesco Forlani, fondatore con Roberto Saviano del Blog letterario Nazione Indiana.
Gli organizzatori hanno volutamente indicato questo come il Primo festival, quale auspicio di continuità. E questo è il nostro augurio perché l’evento ha avuto il successo che meritava.
a cura di Carmen Tarantino
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