I giardini “Falcone-Borsellino” di via Ruvo nel primo pomeriggio sono stati tappezzati di manifesti in memoria di Gioacchino Bisceglia, il 25enne falegname ucciso dalla malavita locale il 26 febbraio 1996 per aver rifiutato di pagare il riscatto dell’auto rubata al fratello minore.
Si tratta della seconda iniziativa del genere, dopo l’action poetry del 2015, quando le villette della via di Ruvo, dedicate ai due giudici antimafia, furono “invase” nottetempo da decine di testi poetici. Le locandine, in cui è descritta la tragica storia del ventiseienne terlizzese, sono opera di alcuni anonimi cittadini, che spiegano:
“Con questa iniziativa vogliamo fare memoria (sic!) del nostro concittadino e simbolicamente di tutte e sessantatrè le vittime di mafia pugliesi”.
“A Terlizzi il furto d’auto è all’ordine del giorno – continua il testo del manifesto, che rievoca la triste vicenda di Bisceglia -. Al furto, di solito, segue l’estorsione. ‘Rivuoi la tua macchina? Paga’. Gioacchino, anche lui vittima del solito copione, non ci sta. Si impunta, rivuole indietro la Golf sottratta al fratello senza accontentare la richiesta economica degli estorsori. Pagherà con la vita il 26 febbraio del 1996, ucciso con un colpo di pistola alle spalle”.
L’esecuzione di Bisceglia fu una punizione in piena regola perché il giovane aveva osato ribellarsi al sistema del pagamento coatto. Gli autori dell’esecuzione, fermati l’indomani dai Carabinieri, gli avevano dato appuntamento in tarda serata in un uliveto in contrada Padule, nelle campagne tra Terlizzi e Mariotto, per riscuotere la mazzetta e restituire – in teoria – la Golf rubata al fratello il giorno prima.
Gioacchino si era recato all’appuntamento col fratello Pietro, diciannove anni, e Maurizio Baldassarre, un amico di vent’anni, anch’egli rimasto ferito nella caccia all’uomo seguita all’incontro.
“Della Golf di proprietà del fratello maggiore di Gioacchino, Marco, nemmeno l’ ombra. Ad attenderli invece un gruppo di persone con le quali la vittima ha cominciato a parlare, probabilmente per accordarsi sulla cifra da pagare”, scrisse il giorno dopo “Repubblica”. “Ma la conversazione è sfociata ben presto in una violenta lite. A questo punto un altro estortore ha estratto una pistola sparandogli alle gambe. Inutile la fuga: il gruppo di malviventi ha inseguito la Mini 90 ingaggiando un conflitto a fuoco: i proiettili hanno ferito a morte Bisceglia e più lievemente al braccio destro Baldassarre. Gioacchino Bisceglia, che sarà sottoposto oggi ad autopsia, è morto con ogni probabilità per dissanguamento: mentre agonizzava, sia il fratello Pietro che Maurizio Baldassarre hanno raggiunto a piedi la strada provinciale per chiedere aiuto. Ma nessun’auto di passaggio si è fermata. Il primo a soccorrerli dopo circa due ore è stato un conoscente. I carabinieri hanno raggiunto i presunti assassini al termine di controlli e perquisizioni cominciati all’alba di ieri e terminati solo nel primo pomeriggio“.
Per l’assassinio di Bisceglia furono fermati in cinque: “Felice, Giambattista e Gioacchino De Simine (27, 21, 19 anni), di Francesco Tatoli, 23, e Michele Piancone, 24″, riporta la cronaca del “Corriere della Sera”. “Sono accusati di concorso in omicidio volontario, tentativo di omicidio, porto e detenzione di armi, tentativo di estorsione. Tutti sono stati sottoposti all’ esame “Stub”. Felice e Giambattista De Simine l’8 gennaio sono stati condannati dalla Corte d’ assise d’ appello a 6 anni di reclusione per il reato di strage, avendo collocato il 7 maggio ’93, a scopo intimidatorio, una “Fiat Regata” carica di tritolo davanti al municipio di Terlizzi. L’ordigno scoppiò e ferì gravemente il vigile urbano Gioacchino De Sario”.
A ventuno anni dal suo sacrificio, Gioacchino Bisceglia resta un esempio fulgido – perché genuino – di ribellione al crimine, da cui tutti dovrebbero prendere esempio e che è bene non dimenticare mai per nutrire speranza nel futuro di questa comunità.
A cura di Gabriella Malerba e Tommaso Parisi